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Il restauro della Maddalena del '700



IL RESTAURO DELLA MADDALENA PENITENTE

L’intervento di restauro eseguito sulla scultura lignea settecentesca, realizzato grazie alla grande sensibilità ed al prezioso contributo della Arciconfraternita della Morte in collaborazione con il Museo Diocesano, ha inteso non solo recuperare una preziosa testimonianza dell’arte del passato, ma ha avviato una serie di studi, ricerche ed approfondimenti che hanno contribuito alla restituzione della facies originaria dell’opera.
Fondamentali in tal senso si sono dimostrati alcuni riferimenti bibliografici ed in particolar modo le notizie sulla scultura e la sua storia riportate nel testo “Diario per la Confraternita della Morte” di Orazio Panunzio del 1987: lo studioso molfettese parla di una statua donata alla congrega della Morte da una devota, Maria Maddalena de Beatis e, quindi, non realizzata di proposito per la processione. «Essa, infatti, non rappresentava la santa durante la Passione e Morte di Gesù, ai piedi della croce o presso il sepolcro, ma la raffigurava in epoca posteriore, quand’era penitente nel deserto. […] Lo sconosciuto scultore aveva realizzato la statua in piena libertà espressiva, com’era del resto nello spirito del secolo: il busto e il grembo raccolti in una ruvida stuoia, che lasciava scoperte gambe e braccia e nudo un seno.»
Nonostante la resa particolarmente ardita della figura, la statua fu portata in processione per molti anni e solo alla fine dell’Ottocento, per volontà dell’autorità ecclesiastica, secondo il Panunzio, venne rimaneggiata da un artigiano locale, che le ricoprì il seno e le gambe fino alle ginocchia.
A partire da queste utili informazioni, la ditta LORENZONI RESTAURI Surl di Polignano a Mare, in pieno accordo con la competente Soprintendenza, ha inteso procedere con la rimozione della veste commissionata per coprire le nudità della Maddalena, rese dall’abile scultore napoletano.
Ciò che era stato solo teorizzato è stato confermato da quanto emerso in questa delicata fase: al di sotto della copertura in cartapesta e di alcune pesanti ridipinture realizzate nel corso dei secoli è affiorata la pellicola pittorica originaria con una serie di dettagli e particolari, quali i seni e i capelli dipinti, che non hanno lasciato spazio a dubbio alcuno.
La veste applicata ha, tuttavia, avuto un ruolo fondamentale; questo strato ha conservato nel tempo la pellicola pittorica sottostante, consentendo ai restauratori, nonostante le numerose lacune presenti, di riportare alla luce la facies settecentesca.
Si è reso necessario, inoltre, un intervento di risanamento del supporto, particolarmente compromesso, procedendo innanzitutto con una disinfestazione finalizzata all’eliminazione dell’attacco di insetti xilofagi e di organismi biodeteriogeni ed, in una fase successiva, al consolidamento della struttura lignea attraverso iniezioni di resine specifiche per questo tipo di intervento. Alle stuccature delle lacune, degli strati preparatori e di eventuali fori e lesioni della superficie, sono seguite le integrazioni pittoriche con tecnica riconoscibile mediante l’applicazione per stesure successive di velature di colore ad acquerello e a vernice, secondo le indicazioni della Soprintendenza.
L’icona restaurata ritorna presso il Museo Diocesano, dove è esposta dal giugno 2009, anno di inaugurazione, insieme alle altre versioni di Maddalena, commissionate nei primi anni del Novecento dall’Arciconfraternita, e continua a costituire un riferimento importante assieme ad alcune  pregevoli tele per la ricostruzione dell’iconografia e lo studio della sua diffusione in ambito pugliese.



LA FIGURA EVANGELICA DELLA MADDALENA

La scultura settecentesca appena restaurata ci mostra una delle rappresentazioni iconografiche della santa, tra le più diffuse dal periodo che segue il Concilio di Trento (1545-1563), quella della Maddalena penitente.
Recuperando un’antica “leggenda eremitica” secondo cui la donna avesse, dopo la morte di Cristo, evangelizzato la Provenza scegliendo in seguito di vivere in solitudine nei boschi di quella regione, si diffuse tra Sei e Settecento l’immagine di Maria Maddalena discinta o nuda, con capelli sciolti o molto lunghi, in preghiera estatica di fronte al crocifisso con attributi quali il teschio e il flagello, il libro, a volte anche la clessidra o una candela, simboli della caducità della vita terrena.
Numerose sono state le interpretazioni della sua figura, identificata nel tempo dagli studiosi, talvolta erroneamente, con diverse donne che hanno incrociato la vita terrena del Cristo, presentate più o meno dettagliatamente nei Vangeli.
Ma chi è realmente Maddalena?
Il nome Maddalena deriva dalla cittadina di Magdala, sulla sponda occidentale del Lago di Tiberiade, detto anche di Genezaret. Le narrazioni evangeliche ne delineano la figura attraverso pochi versi, facendoci constatare quanto ella fosse una delle discepole più vicine a Gesù. Maria Maddalena è menzionata nel Vangelo di Luca come una delle donne che "assistevano Gesù con i loro beni".  L’evangelista attesta che esse "erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità”; di Maria di Magdala in parti¬colare dice che da lei "erano usciti sette demòni".
Maddalena è anche una della tre Marie che accompagnarono Gesù anche nel suo ultimo viaggio a Gerusalemme, dove furono testimoni della sua crocifissione: «Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. » (Giovanni 19,25)
Maria rimase presente anche alla morte e alla deposizione di Gesù nella tomba ad opera di Giuseppe di Arimatea: è citata espressamente, infatti, nell’episodio evangelico descritto da Marco e Matteo. Fu ancora lei di primo mattino nel primo giorno della settimana, assieme a Salomè e a Maria madre di Giacomo Maggiore, ad andare al sepolcro, portando olii profumati per ungere il corpo di Cristo.
Le donne trovarono il sepolcro vuoto ed ebbero una "visione di angeli" che annunciavano la risurrezione di Gesù: «Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand'era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. […] Maria di Màgdala andò subito ad annunziare ai discepoli: "Ho visto il Signore" e anche ciò che le aveva detto. » (Giovanni 20,1.18)
Ella, divenuta così la prima testimone della risurrezione, corse a raccontare quanto accaduto a Pietro e agli altri apostoli, guadagnandosi l'appellativo di "apostolo agli apostoli".
A seconda, quindi, delle diverse interpretazioni della sua figura evangelica, la donna viene rappresentata nell’arte in maniera differente e con particolari attributi iconografici: la Maddalena penitente, accompagnata dai simboli del teschio, del crocifisso o del flagello, chiaro riferimento alla meditazione sulla caducità della vita umana; una delle Marie affrante e sconvolte dal dolore ai piedi della croce di Cristo;  Maddalena, donna al sepolcro nel giorno di Pasqua, raffigurata con un vaso di unguenti profumati con i quali avrebbe cosparso il corpo di Cristo (iconografia scelta per la realizzazione delle sculture commissionate dall’Arciconfraternita della Morte dagli inizi del Novecento).

In esposizione con la "Maddalena scandalosa" di Giulio Cozzoli (23 febbraio 2013)

- Testo e foto a cura del Museo Diocesano di Molfetta.
N.B. - Tutte le foto sono proprietà esclusiva dell' autore dott. Franco Stanzione ed è vietato riprodurle senza il suo consenso e/o omettendo di citarne la fonte.

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